Lo Champagne non è solo un vino: è una celebrazione, un simbolo di eleganza e una promessa di momenti speciali. Se i francesi ne sono i creatori indiscussi, noi italiani siamo tra i più grandi estimatori, contribuendo a definirne nuove tendenze. Abbiamo un rapporto unico con questa bollicina: la cerchiamo, la studiamo, ne discutiamo, e talvolta persino la reinventiamo. Ma cosa rende lo Champagne così irresistibile per noi italiani? E come lo viviamo rispetto al resto del mondo? Te lo spieghiamo all’interno di questo articolo, seguici!
Partiamo dal dosaggio…
Quando si parla di Champagne, noi italiani abbiamo le idee chiare: lo preferiamo secco, spesso extra brut o persino pas dosé. Questo gusto deciso ha influenzato persino i produttori francesi, che hanno iniziato a ridurre i dosaggi per venire incontro alle nostre preferenze. Sì, hai capito bene, i produttori francesi si sono mobilitati per assecondare il nostro gusto relativamente al dosaggio zuccherino. In fondo, è una questione di equilibrio: un dosaggio basso esalta la freschezza e la mineralità del vino, rendendolo perfetto per accompagnare sia i piatti più raffinati che le nostre eccellenze gastronomiche, dalla pizza gourmet ai crudi di mare ma soprattutto questa caratteristica tende a conferire allo Champagne la sua fisionomia identitaria, stessa fisionimia messa in discussione con l’avvento dei cambiamenti climatici che hanno ridefinito il quadro olfattivo e gustativo della bollicina d’oltralpe.
L’ossessione per le annate..
Per noi italiani, ogni bottiglia deve raccontare una storia. Ecco perché siamo fissati con i millesimati, ovvero gli Champagne prodotti con uve di una singola annata eccezionale. La ricerca del dettaglio e dell’unicà ci spinge a preferire queste etichette, capaci di esprimere al massimo il carattere del territorio e delle condizioni climatiche di un anno specifico. Non è un caso se siamo stati tra i primi a chiedere trasparenza sulle annate e ad adottare un approccio quasi maniacale nell’analisi di ogni sfumatura aromatica. Dunque, ad ora sappiamo che noi italiani siamo a favore di uno Champagne con una percentuale zuccherina ridotta – se non inesistente – e optiamo per bollicine provenienti da un singolo vintage. Le caratteristiche successive, ti stupiranno ancora di più, seguimi!
Quale calice?
Il bicchiere giusto può trasformare l’esperienza di degustazione. Lo sappiamo bene, tanto che abbiamo esplorato ogni tipo di calice per trovare quello perfetto che risaltasse la natura visiva delle bollicine oltre che le sfaccettature olfattive. Se in passato i Riedel erano considerati universali, oggi ci divertiamo con i Lehmann, che offrono una maggiore varietà e permettono di esaltare, appunto, profumi e bollicine. D’altronde si sapeva già, noi italiani siamo piuttosto maniacali quando si tratta di esplorare la natura identitaria di un vino e, come è giusto che sia, non lasciamo nulla al caso.
Ci sono altri due fattori sbalorditivi quando si tratta del rapporto tra Champagne e consumatori italiani, te li spieghiamo nei prossimi due paragrafi.
Tra ossidazione e freschezza
Abbiamo attraversato fasi diverse nel nostro rapporto con lo Champagne ossidativo. Anni fa, l’ossidazione marcata era una vera e propria tendenza, con etichette come quelle di Selosse che dominavano la scena del Belpaese. Oggi, però, il gusto si è evoluto: privilegiamo Champagne che bilanciano eleganza e freschezza, senza rinunciare alla complessità. Questa nuova direzione riflette il desiderio di vini più vivaci e versatili, capaci di accompagnare non solo momenti speciali, ma anche la quotidianità. I lettori più attenti, avranno notato che questo cambiamento coincide ed è parallelo con i gusti relativi ai vini rossi: anche in questo caso i consumatori prediligono la nota fresca alle sfumature terziarie. Bene, fatte queste premesse, c’è un’ultima cosa che devi assolutamente sapere, leggi qui sotto…
la rivincita del meunier
Tutto torna, ebbene sì, perchè se il gusto dei consumatori si sta orientando verso vini più morbidi e fruttati, vien da sè che questa tendenza premia un vitigno che, negli anni, ha assunto un ruolo secondario, se non terziario, nelle vigne della Champagne e nei calici della bollicina francese: siamo parlando del Pinot Menier. Tra le ultime tendenze c’è stata la riscoperta del Pinot Meunier, un vitigno spesso sottovalutato e utilizzato principalmente per assemblaggi. Ma siamo davvero tutti pazzi per il Meunier? Secondo il produttore italiano di Champagne Alberto Massucco, forse è stata più una moda che una rivoluzione. “Non esiste un Meunier Grand Cru, c’è un motivo,” sottolinea Massucco, Tuttavia, è innegabile che questo vitigno abbia saputo affascinarci con il suo carattere fruttato e la sua rotondità, regalandoci una nuova prospettiva sulle bollicine.
Che sia un primo passo verso il rilancio definitivo per questo vitigno?
| A noi italiani, lo Champagne piace così…
Considerazioni finali
Gli italiani non solo amano lo Champagne, ma lo hanno reinterpretato, influenzando anche il modo in cui viene prodotto e consumato. Dai dosaggi al calice, passando per le preferenze tipologiche, il nostro Paese continua a essere un punto di riferimento per le bollicine francesi.
Fonte: Gambero Rosso, articolo “Meunier, moda passeggera nello Champagne?” disponibile su www.gamberorosso.it